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Data: 02/11/2019
Testata Giornalistica: IL CENTRO
    IL CENTRO

Danni da grandine, nessun risarcimento. Stato di emergenza non riconosciuto, la conferma dalla Protezione civile nazionale: perse le speranze su 222 milioni

PESCARA A luglio la grandine che ha devastato case e auto, oggi la doccia gelata su migliaia di cittadini. Non ci sono i presupposti per concedere all'Abruzzo il riconoscimento dello stato d'emergenza e quindi per risarcire i danni, agli enti pubblici e ai privati, causati dalla grandinata del 10 luglio scorso e quantificati in 222 milioni di euro. La conferma alle indiscrezioni di 48 ore fa è arrivata ieri mattina, dalla Protezione civile nazionale, anche se bisognerà attendere, almeno fino a martedì prossimo, che arrivi la nota ufficiale alla Regione Abruzzo. I motivi della bocciatura si possono sintetizzare in due punti. Il primo: non c'è il cosiddetto "rischio residuo", e cioè il rischio idrogeologico inteso come frane, smottamenti e pericolo per la popolazione. Il secondo: non c'è stata la necessità di prestare assistenza ai cittadini, con le relative spese per la fase di sgombero delle abitazioni e accoglienza in hotel. Per questi stessi motivi, il Consiglio dei ministri non ha concesso oppure non concederà il diritto ai risarcimenti alle altre regioni che ne avevano fatto richiesta dopo la grandinata di luglio, eccezionalmente grave, con pezzi di ghiaccio più grandi di arance che hanno crivellato migliaia di tetti e auto, distruggendo colture agricole e danneggiando edifici pubblici, primi fra tutti le scuole. Tutto ciò significa che l'enorme lavoro di raccolta delle denunce di danni da parte dei Comuni interessati che, per mesi, ha impegnato impiegati e cittadini, è stato del tutto inutile. A meno che la politica regionale non alzi la voce e sbatta i pugni prima che arrivi l'atto ufficiale che sentenzia il no al riconoscimento del danno. Le province di Pescara e Chieti, rispettivamente, con un fabbisogno di 114 e 105 milioni di euro, sono quelle dove si sono verificati i danni maggiori, che in provincia di Teramo ammontano a 1,8 milioni e all'Aquila a 650mila euro. In questo computo, la cifra maggiore (118 milioni), si riferisce ai danni riportati dalle infrastrutture private. E 35 milioni per i beni mobili, sempre di proprietà privata. In più: 26 milioni di danni riportati dalle attività produttive, e 20 milioni necessari per ripristinare strutture e infrastrutture pubbliche. Nel computo anche i 4,5 milioni di danni alle aziende agricole regionali. Ma dimostrarlo non è servito a nulla.


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