Crescono i contagi ma si allenta lo stress ospedaliero. Zone rosse: confini aperti per lavoro toccherà ai sindaci valutare i motivi
L'AQUILA Come accade ormai già da qualche giorno, alle roboanti cifre sull'aumento dei casi positivi di coronavirus in Abruzzo non corrisponde uno stress proporzionale sui ospedali. I ricoveri crescono sì, ma in maniera abbastanza lenta e soprattutto senza incidere sulle terapie intensive che sono il vero collo di bottiglia dell'emergenza. Ieri in regione è stato nuovamente frantumato il record giornaliero di contagiati: ben 160 che portano il totale a 1.293. Un boom che va di pari passo, però, con i tamponi effettuati: 727 in 24 ore, superando anche in questo caso il limite più alto registrato fino a questo momento. Secondo gli esperti l'effetto possibile di questa curva, che andrà confermato nei prossimi giorni, è un ritardo nell'avvio della discesa che molte stime prevedevano per fine marzo. Si dovrebbe arrivare, secondo gli ultimi modelli, alla prima decade di aprile. L'indicazione del Crea, il comitato regionale emergenza-urgenza, è di alzare il livello dell'allarme da 3 a 4, ovvero al massimo. Cosa che comporta una serie di protocolli molto stringenti nel reperimento di posti e attrezzature (già in corso). I posti occupati in terapia intensiva ieri sono scesi da 72 a 68, lasciando ancora libera una buona fetta di disponibilità. Purtroppo si mantiene costante il trend dei decessi, aumentati di altre dodici unità e arrivati ormai a quota 88: gli ultimi sono un 82enne di Lanciano, un 69enne di Pineto, un 50enne, un 61enne e un 89enne di Castiglione Messer Raimondo, un 77enne di Bellante, un 64enne e un 71enne di Pescara, un 63enne e un 64enne di Penne, un 82enne di Balsorano, un 71enne di Archi. Si conferma una letalità presunta (rapporto tra morti e contagiati acclarati che non sono, ovviamente, tutti quelli certi) del 6,8%, percentuale che colloca l'Abruzzo a metà strada nella forbice che dive Lombardia e regioni del sud. I ricoveri non in terapia intensiva sono passati da 311 a 329 (+18, con aumento in particolare nel Chietino). Crescono, ovviamente, gli isolamenti domiciliari, passati da 646 a 772. Non muta più di tanto la geografia del contagio, con l'Asl di Pescara che continua a rappresentare il centro nevralgico con 576 casi, seguita da Teramo (350), Chieti (266) e L'Aquila (101). Dei 160 ultimi casi, 13 fanno riferimento alla Asl L'Aquila, 37 alla Asl Chieti, 64 alla Asl Pescara e 46 alla Asl Teramo. In linea con le tendenze ormai consolidate. I DISPOSITIVI Nel frattempo, però, una buona notizia arriva dalle mascherine e dalla produzione autoctona della pescarese Fater fortemente voluta dal governatore Marsilio e dall'assessore Febbo. Marsilio ha ringraziato il commissario Arcuri e il ministro Speranza per aver acconsentito di destinare il primo lotto di produzione alla Regione Abruzzo: «La Fater ha spiegato Marsilio - ha stabilito di donare alla Protezione civile nazionale il primo lotto settimanale di 250 mila mascherine chirurgiche e di riservare tutta la restante produzione sempre alla Protezione civile nazionale perché rifornisca le Regioni italiane, a prezzo di costo. È un gesto che ci commuove e che non dimenticheremo mai. Intanto, festeggiamo una notizia che ci porterà ad avere, alla fine della prossima settimana un quantitativo di mascherine sufficiente a garantire per quasi due settimane il fabbisogno». Sul fronte della fornitura da Mosca, invece, si è mosso anche il sindaco dell'Aquila, Pierluigi Biondi, per tentare di sbloccare il carico fermo a Mosca ormai da giorni. Settecentomila pezzi, frutto di una trattativa con una società intermediaria inglese, di cui, ad oggi, non vi è ancora traccia. Biondi ha scritto all'ambasciatore russo in Italia, Sergey Razov, per stimolare un chiarimento. Così come Marsilio ha stimolato esponenti di governo e alte personalità per quella che si configura davvero come una battaglia.
Zone rosse: confini aperti per lavoro toccherà ai sindaci valutare i motivi
L'AQUILA Si può uscire dalla zona rossa? Il dilemma, in questi giorni, ha creato molte tensioni e confusione nei comuni abruzzesi per i quali il governatore, Marco Marsilio, ha sancito, con ordinanza, ulteriori severe restrizioni rispetto a quelle già previste dai provvedimenti nazionali. Lo stesso Marsilio, sempre con ordinanza, la numero 18 dall'inizio dell'emergenza, ieri ha disciplinato la questione per far fronte all'incertezza che è ricaduta sulla testa dei sindaci assediati dalle richieste di deroga. Ebbene, si può uscire solo se il primo cittadino lo autorizzerà, sulla base di proprie valutazioni, «a fronte di evidenze rappresentate dagli interessati in ordine all'urgenza e indifferibilità dell'impiego di personale proveniente dalla zona rossa e non diversamente reperibile al di fuori della stessa». Con una specifica: tutto ciò vale comunque solo per le attività salvaguardate dalle restrizioni del decreto della presidenza del Consiglio del 22 marzo scorso. Si tratta delle famigerate attività che, in base ai codici Ateco, sono entrate nell'allegato 1 di quel provvedimento che ha ulteriormente fermato il motore economico italiano. Le ordinanze regionali che regolano le zone rosse sono la 15 del 25 marzo e la 17 del 27 marzo. La prima include nelle aree a divieto di ingresso e uscita i comuni di Castilenti, Castiglione Messer Raimondo, Bisenti, Arsita, Montefino, Elice, Civitella Casanova, Farindola, Montebello di Bertona, Penne e Picciano. La seconda ha integrato Villa Caldari, frazione di Ortona. In questa cintura i provvedimenti, finora, avevano presto deroghe per il personale sanitario, i volontari e funzionari della Protezione civile nazionale e regionale, il personale delle forze di polizia, il corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché forze armate, nell'esercizio delle proprie funzioni e per malati in grado di comprovare ragioni di salute certificate. Ammessi anche i servizi di rifornimento. La questione è esplosa, negli ultimi giorni. Per esempio l'ampiezza del territorio di Penne a prodotto una casistica variegata. Il sindaco facente funzioni, Vincenzo Ferrante (Mario Semproni è ancora convalescente da coronavirus), si è trovato a far fronte a diverse richieste, in particolare da agricoltori, allevatori, ma anche a una persona che lavora in una ditta che produce ossigeno per pazienti pneumologici (quindi inclusi i tanti che hanno avuto il Covid-19), un tecnico, al quale è stato vietato di allontanarsi. L'azienda, ovviamente, ha fatto presente l'importanza nodale di non poter fare a meno di forza lavoro in questa fase. L'amministrazione comunale aveva scritto alla Regione per chiedere lumi e aveva anche paventato il ricorso alle vie legali per dipanare la matassa.
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