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Data: 10/05/2023
Testata Giornalistica: IL CENTRO
    IL CENTRO

Boeri: «Per pagare le pensioni servono più immigrati regolari» L'ex presidente dell'Istituto di previdenza sottolinea anche l'esigenza di un incremento demografico

Al centro del dibattito tre ipotesi di flessibilità per i lavoratori del sistema misto retributivo-contributivo


L'AQUILA «Se diminuiscono le persone che pagano le pensioni e invece continuano ad aumentare i pensionati, è chiaro che c'è un problema molto serio. Bisogna incoraggiare l'ingresso dei lavoratori immigrati». Non ha dubbi, Tito Boeri, professore di Economia del lavoro all'Università Bocconi ed ex presidente Inps, intervenuto ieri al convegno dal titolo "Sistema pensionistico: quale riforma? Proposte, aspetti critici, riflessioni", organizzato ieri all'Aquila dalla Direzione regionale Inps Abruzzo e dalla filiale regionale della Banca d'Italia. Un'occasione per esplorare un tema caldissimo che ha animato la sala Ipogea del Consiglio regionale d'Abruzzo. Soprattutto alla luce del sorpasso in provincia dell'Aquila, svelato dall'Istat, del numero dei pensionati rispetto a quello dei lavoratori attivi. Durante l'incontro, dopo i saluti del prefetto Cinzia Teresa Torraco e del sindaco Pierluigi Biondi, sono intervenuti il direttore regionale Inps Luciano Busacca e il direttore della filiale regionale della Banca d'Italia Giovanni Giuseppe Ortolani. Relatori Gianfranco Santoro, direttore centrale Studi e Ricerche Inps; Pietro Tommasino, responsabile della divisione Finanza pubblica della Banca d'Italia: Roberto Ghiselli, presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza Inps e Tito Boeri, professore di Economia del lavoro all'Università Bocconi ed ex presidente Inps. La discussione, moderata dalla giornalista Monica Pelliccione, si è sviluppata intorno al tema della riforma pensionistica, attraverso l'analisi delle proposte che via via sono state prospettate nel corso degli ultimi anni, rapportate alle attuali esigenze economiche del Paese. il sistema pensionistico: tema che RIGUARDA TUTTI Il problema, come ha ricordato Luciano Busacca, riguarda tutti. Non solo i lavoratori che si apprestano a cessare l'attività lavorativa, ma anche chi con il proprio lavoro quelle pensioni dovrà contribuire a pagarle. «Nel fare una riforma pensionistica», avverte il direttore regionale Inps, «c'è sempre il rischio di dover cedere in qualche modo al consenso. Bisogna capire quanto costa, perché generalmente viene pagata dai lavoratori».la crisi demograficae i lavoratori immigratiA Tito Boeri è spettato il compito di spiegare i motivi di una crisi di difficile soluzione. «Per il nostro sistema pensionistico», ha detto l'ex presidente Inps, «i problemi maggiori vengono dal calo delle nascite». Un aspetto su cui, secondo Boeri, bisogna intervenire subito e per il quale, al contrario, si riscontra una grave mancanza di attenzione. «Soffriamo una crisi demografica profonda che richiede misure urgenti», spiega. Le soluzioni? Per Boeri, bisogna puntare sul maggiore ingresso di lavoratori immigrati. «Un sistema pensionistico che si regge sul contributo dei lavoratori», avverte, «ha bisogno di più immigrati regolari. Poi, certamente, bisogna anche incoraggiare le nascite, ma le due cose non sono assolutamente contrapposte, come qualcuno ha fatto recentemente intendere».
LE PROPOSTE DELL'INPSPER UNA SOLUZIONE EQUA Ma come mettere un argine, nel frattempo, alle diversità di trattamento tra i lavoratori in uscita? «Chiaramente», conclude il professor Boeri, «ci sono degli accorgimenti per impedire che chi va in pensione con il sistema misto sia costretto a uscire dal mondo del lavoro più tardi di chi va con il sistema contributivo. Quando ero all'Inps, abbiamo sviluppato proposte in quella direzione, proposte che non minano la sostenibilità del sistema. Basterebbe applicare alla quota retributiva della pensione, gli aggiustamenti attuariali già previsti per il sistema contributivo. Il principio è che a chi va in pensione prima spetta una pensione più bassa di chi va in pensione dopo, come è normale che sia».A illustrare le possibili soluzioni è Gianfranco Santoro: tre le ipotesi di flessibilità per i lavoratori del sistema misto. «È chiaro», avverte il direttore del centro studi Inps, «che tanto più una misura è appetibile e generosa verso i lavoratori, tanto più è costosa per le finanze pubbliche». Tre le ipotesi analizzate: la prima quella che prevede 41 anni di anzianità contributiva senza limiti di età, «la più costosa e anche la più generosa per il lavoratore». Poi c'è l'ipotesi di uscita in sistema misto, ordinata verso il sistema contributivo, che permetterebbe l'uscita a 64 anni di età con una anzianità contributiva di 35 anni e un limite di importo di 2,2 volte l'assegno sociale. «Un'ipotesi circolata durante il governo Draghi», spiega Santoro, «che ha una penalizzazione rispetto al calcolo del contributivo». La terza proposta era sul piatto durante la discussione della scorsa legge di bilancio: l'anticipo della quota di pensione contributiva all'età di 64 anni, con almeno vent'anni di contributi e un importo minimo pari a 1,2 volte l'assegno sociale e la corresponsione della quota retributiva intera nel momento in cui si raggiunge l'età di vecchiaia. Misure tutte applicabili, chiarisce Santoro. «Ovviamente la scelta è politica e dipende dagli equilibri di finanza pubblica e dalla scelta di quante persone si vogliono far rientrare in questa ipotesi di flessibilità. Ognuna, chiaramente, con i suoi pregi e i suoi difetti».

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