ROMA Anche questa settimana il dossier Autostrade sarà al centro di un vertice a Palazzo Chigi tra il premier Giuseppe Conte e i ministri Paola De Micheli (Infrastrutture) e Roberto Gualtieri (Economia). Ma visto l'attendismo del presidente del Consiglio, che cerca in tutti i modi di rinviare i nodi che mettono in fibrillazione i 5Stelle, fonti di governo dem dicono che «è ancora da vedere se sarà presa una decisione finale...».
La partita è quanto mai intricata, anche se appare del tutto tramontata la revoca della concessione invocata dai grillini. L'altra settimana Gualtieri ha fatto la voce grossa dicendo che l'ipotesi della revoca è tutt'ora in piedi, aggiungendo però - e questo è il succo della trattativa - che si sta lavorando a «una soluzione transattiva» con Atlantia che controlla Autostrade per l'Italia (Aspi). A patto però che la società della famiglia Benetton «accetti le nuove tariffe». Vale a dire, una riduzione tra il 5 e il 10% degli attuali pedaggi.
C'è dell'altro. C'è che per sbloccare il dossier, ormai fermo da 22 mesi sul tavolo del governo, per i 5Stelle è importante che Atlantia ceda la maggioranza di Aspi. Questo per poter dire di avere ottenuto lo scalpo dei Benetton che i grillini considerano i responsabili del crollo del ponte Morandi avvenuto nell'agosto 2018. Il governo però non vuole entrare ufficialmente in questa partita, anche se è ormai avanzata la trattativa tra Atlantia, Cassa depositi e prestiti (Cdp), il fondo F2i e vari fondi previdenziali e fondazioni bancarie per spingere i Benetton in minoranza in Aspi. Che però ritengono indispensabile che si parli di valori di mercato. Una soluzione, quella del cambio azionario, che aprirebbe la strada alla revisione della concessione in quanto decaderebbe la ragione politica della revoca. Difficile capire se questa ipotesi possa essere accettata dal gruppo privato viste le tante, forse troppe, incertezze legate alla valutazione della società e quindi all'assetto azionario futuro. Di certo qualsiasi accordo, qualsiasi mediazione non può non partire dalla revisione dell'articolo 35 del Milleproroghe, quello che revoca la concessione senza indennizzo, o meglio che prevede un indennizzo ridotto, e che è al centro dello scontro politico. La norma, che ha di fatto tagliato a livello spazzatura il rating dei titoli Atlantia e Aspi, è al momento il principale scoglio da superare. Anche perché impedisce di dare un valore congruo, cioè di mercato, lasciando nel limbo le due società. L'interrogativo è semplice. Come faccio a cedere un asset o a fare entrare degli azionisti in maggioranza se non è possibile determinare il prezzo del bene oggetto dello scambio? In attesa di sciogliere questo nodo, insieme a quello delle tariffe, il tempo scorre veloce. A fine mese il gruppo privato, come previsto dalla convenzione, e in presenza di un cambio unilaterale delle norme, ha la facoltà di riconsegnare la concessione allo Stato. E, ovviamente, di pretendere in cambio il risarcimento. Una cifra che ruota attorno a 23 miliardi. Va da sè che la battaglia legale che ne seguirebbe sarebbe infinita, con esiti così incerti che la stessa Avvocatura dello Stato, chiamata in causa a febbraio scorso, ha suggerito di evitare una contrapposizione violenta. Il dossier che sconsiglia la revoca è però stato segretato da Palazzo Chigi che in questi mesi ha avuto un atteggiamento altalenante. Da un lato il presidente Giuseppe Conte è ben consapevole dei rischi legati allo scontro legale, dall'altro teme il pressing dei 5Stelle che spingono, come evidente, per lo scontro. Infischiandosene del rischio che poi a pagare, al di là dell'accertamento delle responsabilità sulla caduta del Ponte di Genova, siano ancora gli italiani.
In queste ore il Pd ha tentato di far ragionare Conte ma senza successo. Sia il ministro Gualtieri che la ministra De Micheli, spingono per chiudere il fretta la partita, anche per dare un segnale chiaro agli investitori esteri, scossi da una vicenda che si prolunga all'infinito, e perché in fondo non vogliono perdere i 14 miliardi di investimenti che Atlantia ha programmato.
Un cambio di passo che insieme al taglio delle tariffe e alla rivoluzione interna avviata in Autostrade avrebbe dovuto accelerare l'epilogo della vicenda.