ROMA A dispetto delle voci, nessuna decisione è stata presa sul destino di Autostrade. Luigi Di Maio, alla disperata ricerca di un successo identitario per provare a risalire la china, in un vertice pomeridiano con Giuseppe Conte, i ministri dem Dario Franceschini, Roberto Gualtieri e Paola De Micheli, il leader di Leu Roberto Speranza e la ministra renziana Elena Bonetti, è andato giù duro. Ha chiesto e preteso la revoca della concessione. Ma non ha ottenuto nulla. Almeno per il momento.
«Ogni decisione verrà presa tra qualche giorno, in un Consiglio dei ministri ad hoc», fanno sapere da palazzo Chigi e confermano nel quartier generale del Pd. Matteo Renzi, invece alza un muro: «Siamo pronti alle barricate, l'Italia non può segare il ramo su cui è seduta. Con un atto del genere perderemmo ogni credibilità verso gli investitori internazionali: non si cambiano le leggi in corsa e non si stracciano le convenzioni. Chi ha sbagliato deve pagare, ma lo decidono i tribunali».
La giornata comincia con il tam tam che vorrebbe la De Micheli, ministra delle Infrastrutture e titolare del dossier, favorevole a una maxi-multa per chiudere il contenzioso con Autostrade. I Cinquestelle fanno scattare l'artiglieria: «Non scherziamo. Lo Stato non accetta carità, solo giustizia per le vittime. Per chi ha causato il crollo del ponte Morandi non ci saranno sconti». Dopo poco è la ministra De Micheli a smentire l'ipotesi della maxi-multa: «Non l'abbiamo mai valutata né privatamente né pubblicamente». Proprio la ministra dem è però pronta a cercare una mediazione con Autostrade, puntando su una forte riduzione dei pedaggi. Ma anche lei punta l'indice contro la società dei Benetton: «Dalle carte sono emerse carenze nella manutenzione e nei controlli che non sono stati fatti a regola d'arte».
SUMMIT AGITATONel vertice pomeridiano, con la contrarietà della renziana Bonetti, passa la linea di mantenere l'emendamento al decreto Milleproroghe che affida ad Anas la gestione della rete autostradale in caso di criticità. «Va rafforzata la presenza dello Stato nelle gestione dei beni comuni», dicono i ministri del Pd e concorda Speranza. Il segretario Nicola Zingaretti chiarisce: «E' giusto che lo Stato sia più forte e autorevole nei rapporti con i concessionari». Traduzione dei suoi: «Siamo favorevoli alla revisione delle concessioni, così come è stato stabilito nel programma di governo. Riguardo all'ipotesi della revoca, quando avremo a disposizione la relazione tecnica valuteremo in un Consiglio dei ministri ad hoc gli aspetti giuridici ed economici. Non siamo contrari a prescindere a togliere la concessione ad Autostrade, però è indispensabile verificare se ne esistono i presupposti. Bisogna essere prudenti, in gioco ci sono ben settemila posti di lavoro di retti...».
Al Nazareno poi bocciano la pista dello scambio con Di Maio: il sì alla revoca in cambio di una legge elettorale proporzionale con sbarramento al 5% che obbligherebbe i partitini della sinistra (Renzi incluso) a correre sotto l'ombrello dem: «E' una teoria senza senso. Quale interesse avremmo a dare a Di Maio un modo per risalire la china proprio a ridosso delle elezioni in Emilia Romagna? Per noi sarebbe un suicidio visto che ha presentato un candidato contro il nostro Bonaccini: se i Cinquestelle crescono, il governatore uscente potrebbe uscire sconfitto nello scontro con la destra».
Di certo c'è che la partita è tutt'altro che chiusa. Conte non è molto distante con le posizioni di Di Maio, Ha fatto da tempo suo lo slogan «chi ha sbagliato deve pagare». Ma da avvocato deve «valutare a fondo tutti gli aspetti». E, soprattutto, deve tenere insieme la maggioranza. Con Renzi che ha già annunciato che non voterà l'emendamento pro Anas al decreto Milleproroghe. E con il ministro Gualtieri decisamente preoccupato dall'eventualità di dover pagare il maxi-risarcimento di oltre 23 miliardi ad Autostrade.
Atlantia punta ancora sulla trattativa ma è pronta anche alla battaglia legale
ROMA La reazione di Atlantia, in caso la revoca della concessione, è già nota al governo. Delineata subito dopo l'approvazione del Milleproroghe, il decreto, osteggiato da Italia Viva e da una parte del Pd, che prevede non solo il trasferimento all'Anas della rete, ma, sopratutto, la cancellazione dell'indennizzo in caso appunto di caducazione del contratto. Il gruppo dei Benetton che vorrebbe proseguire sulla linea del confronto, ha fatto però anche sapere che non aspetterà la conversione del decreto, ma che provvederà ad attivare la risoluzione del contratto a fine gennaio se non ci saranno modifiche significative. Ora, dopo il vertice di ieri a Palazzo Chigi e le voci che danno per imminente una decisione in senso sfavorevole all'azienda, questo scenario appare più che mai probabile.
GLI EFFETTI La risoluzione del contratto, qualora dovesse scattare, dovrebbe consentire ad Aspi di potare a casa circa 23,4 miliardi di risarcimenti, quanto previsto appunto dalla convenzione, evitando così il fallimento della società. Quello che più preoccupa l'azienda, che conta comunque su un ravvedimento in extremis di una parte del Pd e sulla mediazione del presidente Conte, è sopratutto il terremoto che si potrebbe scatenare sui mercati. Cambiare le regole in corsa ha già fatto precipitare il titolo in Borsa (20% in meno), messo in allarme gli investitori internazionali e rischia di creare un pericoloso precedente, allontanando le aziende dall'Italia. Del resto, secondo quanto risulta al Messaggero, proprio in queste settimane, visto il pressing montante dei 5Stelle, i Fondi azionisti di Atlantia e Aspi (Allianz, Silk Road Fund e Gic Fund) hanno scritto a Palazzo Chigi, manifestando grande preoccupazione. Un altolà deciso sul cambio in corsa delle regole. Sopratutto alla luce dei profondi cambiamenti che Autostrade per l'Italia ha avviato in questi ultimi mesi. Lettere che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte non potrà non tenere in considerazione. Del resto l'accelerazione degli investimenti in manutenzione (nel nuovo piano operativo fissati oltre quota 500 milioni), i controlli sui viadotti affidati all'esterno e il monitoraggio con il Mit, insieme al cambiamento del management, avevano in qualche modo aperto un confronto che ora rischia di interrompersi bruscamente. Anzi di precipitare come gli oltre 7 mila posti di lavoro in Italia. Un dato su cui proprio il Pd sta riflettendo. Di certo Aspi è pronta a scatenare una guerra legale a tutto campo per contestare i dati messi a punto dal Mit, e ancora non resi noti, sulle inadempienze nella manutenzione. Non solo. Anche il decreto Milleproroghe, da cui è originata questa bufera, è finito nel mirino dei legali che lo considerano incostituzionale. Una battaglia che si preannuncia lunghissima e che, al di là degli esiti, avrebbe come primo effetto quello di far perdere il posto a migliaia di dipendenti. Visto che l'Anas non potrà mai assumerli.