Data: 16/01/2020
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO |
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Autostrade, la minaccia di revoca approda sui tavoli di Bruxelles. Governo diviso, slitta la decisione in Cdm Spunta l'ipotesi di un intervento parziale
ROMA Lo scontro sulle concessioni autostradali arriva a Bruxelles. La Commissione europea ieri ha confermato di aver ricevuto una lettera da parte di Atlantia, la holding della famiglia Benetton, e della controllata Autostrade per l'Italia (Aspi), che contesta le norme contenute nel decreto Milleproroghe varato dal governo alla fine dello scorso anno. Un provvedimento con il quale l'esecutivo rosso-giallo ha posto le premesse per modificare il contratto di concessione ad Aspi azzerando in sostanza i 23 miliardi circa di indennizzo previsti in caso di revoca. «La analizzeremo», ha puntualizzato il portavoce dell'esecutivo comunitario. A puntare il dito in Europa contro il governo italiano non ci sono solo le aziende controllate dalla famiglia Benetton, che contestano la modifica unilaterale delle concessioni attuata con il Milleproroghe. Anche i grandi investitori presenti nel capitale delle due società, fra cui Gic, il fondo sovrano del governo di Singapore (socio di Atlantia con l'8,14%), Silk Road, il fondo statale cinese, e il colosso assicurativo tedesco Allianz (questi ultimi due azionisti di Aspi al piano di sotto) hanno avviato una controffensiva a Bruxelles per contestare il provvedimento del governo. Una norma che, secondo gli investitori, viola le regole comunitarie, va contro la stessa legge italiana e scoraggia gli investimenti. LA DECISIONE In attesa di una presa di posizione di Bruxelles, a Roma il governo appare diviso, anche se sembra sempre più orientato verso una forma di revoca. I Cinquestelle continuano a premere per agire subito contro Autostrade. Ma il Pd resta prudente e Italia Viva fermamente contraria. «Chi vuol fare la revoca deve avere le carte in regola e non deve farlo per prendere un like sui social, sennò costringe i nostri figli e nipoti a pagare decine di miliardi ad Autostrade. Ci vuole una base giuridica», ha ribadito ieri Renzi. Salvo nuove accelerazioni, la decisione sulla concessione di Autostrade non dovrebbe essere sul tavolo del Consiglio dei ministri di domani e l'esame del dossier dovrebbe essere rimandato alle prossime settimane. Anche se una decisione potrebbe arrivare entro fine mese. Prudenza filtra anche dal Tesoro. «Sulle concessioni il governo sta lavorando, attendiamo la conclusione della procedura in corso da parte del ministero dei Trasporti», ha affermato a sua volta il titolare dell'Economia, Roberto Gualtieri. Intanto il timore crescente di una revoca della concessione si è diffuso nuovamente in Borsa. Ieri il titolo Atlantia ha perso il 2,6% a 20,48 euro, bruciando circa 450 milioni di capitalizzazione. La holding dei Benetton resta poi nel mirino delle agenzie di rating, con Standard&Poor's, dopo Moody's e Fitch, che ha tagliato il giudizio della società a livello junk (spazzatura). Oggi il cda di Autostrade analizzerà il nuovo piano industriale 2020-23 con cui il nuovo amministratore delegato Roberto Tomasi vuole dare un segnale di discontinuità puntando su una accelerazione di investimenti e manutenzione e su un nuovo sistema di monitoraggio della rete. Sempre oggi entrano nel vivo le audizione sul Milleproroghe in Parlamento. Verranno sentiti la ministra dei Trasporti e delle Infrastrutture Paola De Micheli, l'Anas, l'associazione che riunisce i concessionari Aiscat e saranno ascoltati anche alcuni costituzionalisti. La polemica sulla manutenzione della rete intanto resta accesa. L'Ance, l'organizzazione dei costruttori, denuncia i ritardi negli investimenti da parte delle aziende che gestiscono le tratte autostradali, evidenziando come per la cura di oltre 7 mila opere fra ponti, viadotti e gallerie siano stato speso solo il 2,2% di quanto previsto nei budget aziendali. Numeri invero contestati dall'Aiscat e dall'Anas, che puntualizza di aver investito nel 2019 il 13% in più dell'anno precedente. Governo diviso, slitta la decisione in Cdm Spunta l'ipotesi di un intervento parziale
ROMA A dispetto del tam tam Cinquestelle, al prossimo Consiglio dei ministri non verrà decisa la revoca delle concessioni ad Autostrade. Il ministro dei Trasporti e della Infrastrutture, la dem Paola De Micheli, non ha infatti ancora chiuso l'istruttoria sulla società del gruppo Atlantia. E non ha ancora preso alcuna decisione e nel Cdm di domani dovrebbe limitarsi a svolgere un'informativa. Spinto dal pressing di Luigi Di Maio, che ha assoluto bisogno di un successo in questa battaglia identitaria per i grillini, da qualche giorno però Giuseppe Conte sembra orientato a dire sì alla revoca, ricordando le «gravissime inadempienze» nella manutenzione di ponti, viadotti e galleria da parte di Autostrade. E affermando: «Il governo non farà sconti a nessuno». Ma l'ipotesi che sta prendendo corpo a Palazzo Chigi è quella della revoca parziale, anche per non concedere a Di Maio (con cui i rapporti restano difficili) una vittoria schiacciante. Il governo, insomma, non punterebbe a togliere l'intera rete ad Atlantia. Ma solo i tratti che l'istruttoria della De Micheli dimostrerà minati da «gravi carenze di manutenzione». Liguria in primis. LE DIVISIONIEppure la revoca, anche parziale, è tutt'altro che scontata. Matteo Renzi si è detto pronto «a salire sulle barricate» pur di «impedire uno scempio che farebbe perdere al Paese ogni credibilità verso gli investitori internazionali: non si cambiano le leggi in corsa e non si stracciano le convenzioni senza una decisione dei tribunali». Del resto, il Pd resta tutt'ora prudente. Lo dimostrano le parole del ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, preoccupato per un contenzioso legale che potrebbe costringere lo Stato a pagare miliardi di danni alla società di Atlantia che nel frattempo si appella a Bruxelles: «Il governo e la ministra dei Trasporti stanno lavorando, aspettiamo la conclusione della procedura». E lo confermano le dichiarazioni del segretario dem Nicola Zingaretti: «E' stato giusto da parte del governo, con il provvedimento prima di Natale, mettere in campo lo Stato più forte nel rapporto con i concessionari. Non un concessionario, ma tutti i concessionari, perché le concessioni sono un rapporto tra lo Stato e i privati e lo Stato deve garantire i concessionari, ma soprattutto pensare alla sicurezza dei cittadini e quindi è corretto che in questo rapporto che lo Stato sia più forte. Poi nel merito delle concessioni, come deve avvenire in uno Stato di diritto, si guarda appunto al merito: le concessioni sono fatte anche di norme, di vincoli, di regole. Se qualcuno le ha rispettate bene, se non le ha rispettate si prenderanno provvedimenti. Il governo ha avviato le verifiche e nel merito si prendono le decisioni, non con preconcetti». Per dirla con un ministro dem di alto rango, «non è una questione semplice, dipende da cosa emerge dall'istruttoria. Se davvero verranno certificate gravi inadempienze, sarà giusto procedere alla revoca, altrimenti è meglio fermarsi perché si farebbe fallire un'azienda importante, si farebbe perdere il lavoro a oltre 7 mila dipendenti e poi lo Stato sarebbe costretto a pagare diversi miliardi di indennizzo». In estrema sintesi: «Su un tema tanto delicato bisogna usare il cervello, non fare propaganda». Tant'è che tra le ipotesi allo studio c'è anche una semplice revisione della concessione ad Atlantia, con la contemporanea forte riduzione dei pedaggi autostradali che avrebbero, di certo, una forte popolarità. Cosa che non guasta per un governo a caccia di consensi. |
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