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Data: 28/08/2019
Testata Giornalistica: IL MESSAGGERO
    IL MESSAGGERO

Atac, boom di 104 e certificati falsi: controlli a tappeto. La zavorra dell'assenteismo fa perdere 700mila km l'anno

Dopo aver beccato dipendenti che falsificavano perfino il certificato medico dei figli o altri ancora che utilizzavano i giorni di permesso della legge 104 per andare in vacanza in Calabria (avranno pensato: con questo caldo...), l'Atac ha appena varato una stretta per cercare di ridurre uno dei mali storici dei trasporti romani, l'assenteismo dei dipendenti che continua a veleggiare a livelli record: basti pensare che un lavoratore su quattro (2.888 su 11.346, secondo un report del 2018) ha in tasca la licenza per assistere un famigliare invalido, mentre la media nazionale nel settore privato è del 3,15%. Otto volte di meno. Non è un tarlo che riguarda solo l'azienda della mobilità romana, anche all'Ama i numeri non sono poi così diversi e lo stesso può dirsi dei dipendenti del Comune di Roma.
All'Atac ora si sta cercando di intervenire. Una circolare firmata dalla direzione del Personale il 12 agosto ha avviato un monitoraggio serrato sia sui certificati pediatrici dei figli dei dipendenti che sui permessi 104, che permettono di assentarsi per aiutare un parente disabile. Tutela sacrosanta, ovviamente, per chi ne ha effettivamente diritto, ma che nella società comunale ha raggiunto da anni numeri ampiamente fuori parametro, a meno di epidemie nelle famiglie di autisti e macchinisti.
LE ISPEZIONIAnche per questo sono stati intensificati, già da inizio estate, i controlli sugli assenti. C'è chi è stato trovato «malato» ma al campeggio in Abruzzo, altri ancora erano sempre «indisposti», naturalmente, ma alla casa al mare. D'altronde può capitare la febbre anche quando si è andati a caccia di tintarella, no? Magari subito dopo il periodo di ferie...
Oltre alle ispezioni, il direttore delle Risorse Umane, il manager Cristiano Ceresatto, ha inoltrato a tutti i beneficiari della legge 104 una disposizione che chiede, a partire dal primo settembre, di compilare un «nuovo modulo» con «una serie di informazioni che è necessario fornire allo scopo di confermare l'esistenza dei requisiti richiesti dalla normativa vigenge per la legittima fruizione dei permessi ex legge 104 e, nel contempo, di consentire ad Atac la verifica degli stessi». Ai dipendenti verrà quindi chiesto di dichiarare che «nessun altro familiare» beneficia della 104, che la persona assistita «non è ricoverata a tempo pieno», se «il disabile risiede ad oltre 150 km», «se l'assistito è il figlio, che l'altro genitore benefici dei permessi alternativamente» all'interessato. Su tutte queste dichiarazioni, si procederà poi alle «verifiche».
Altra novità: dopo il caso dei dipendenti che falsificavano i certificati di malattia dei figli per restare a casa - sette licenziati e denunciati con l'accusa di truffa, come ha svelato il Messaggero - l'azienda ora ha chiesto di spedire tutti gli attestati medici «entro 2 giorni» dal rilascio, sempre per controllare in tempo.
Sulla lotta agli assenteisti, l'ad di Atac Paolo Simioni ha il sostegno pieno della sindaca Virginia Raggi, che proprio la settimana scorsa ha ricordato il licenziamento di 19 dipendenti, tra cui un drappello di assenteisti. «Non facciamo sconti», ha detto Raggi. Ai sindacati naturalmente la stretta piace poco: «Vogliono toglierci tutto, ricordiamo che la 104 è una legge dello Stato», è il commento di Claudio De Francesco, segretario della Faisa Sicel.

 

Quanto costa agli utenti l'assenteismo dell'Atac, che, per dire, è quasi il doppio di quello di Milano? Oltre 700mila chilometri l'anno. Migliaia di corse saltate perché gli autisti sono in malattia, hanno il permesso 104, un congedo parentale, una licenza sindacale o uno sciame di altri permessi e concessioni ereditate in anni di «consociativismo tra politica e sindacati» come lo ha definito l'ex direttore generale Francesco Micheli. Va dato atto all'attuale governance, guidata dal presidente e ad Paolo Simioni, in carica da fine 2017, di avere messo in campo più di un tentativo per sanare una piaga antica dei mezzi pubblici romani; in qualche trimestre l'assenteismo è diminuito, poi è risalito, poi è diminuito ancora. Purtroppo sono sempre scostamenti dello zero virgola. Troppo poco perché incida sul servizio in modo marcato.
IL CALCOLO Nel rapporto consegnato l'anno scorso ai giudici del Tribunale fallimentare, i revisori legali della Costantini & Partners, gli esperti assoldati per elaborare una relazione sulla «fattibilità» del piano di concordato, avevano stimato che tra il 2018 e il 2019, solo tagliando l'«assenteismo», si sarebbero potuti recuperare 157 chilometri l'anno per ogni singolo autista. Calcolando che i conducenti di bus e tram sono oltre 5mila, significa produrre 785mila chilometri l'anno in più.
Purtroppo però il tasso di assenteismo finora si è mantenuto sostanzialmente ai livelli di prima, con un leggero calo solo nel secondo trimestre (aprile-giugno), ma per l'appunto troppo lieve perché possa apportare cambiamenti sostanziali sul fronte del servizio. Ecco i numeri a confronto: nel primo trimestre 2018, il tasso di assenze era al 13,67%, ovviamente ferie escluse; nel primo trimestre 2019, era al 13,06%. Nel secondo trimestre 2018, era al 12,33%; nel secondo trimestre del 2019 è all'11,77%. Il terzo trimestre del 2018 si è addirittura arrivati al picco del 14,22% di assenze; quello del 2019 deve ancora concludersi. Insomma, qualche altalenante miglioramento c'è, ma a un livello che chiaramente non impatta su larga scala quanto alle prestazioni e ai chilometri da macinare.
I revisori legali avevano ben chiaro che uno dei «fattori di criticità sotto il profilo della gestione» di Atac, oltre alla flotta arci-datata, è proprio «l'elevato tasso di assenteismo, pari al 12% annuo nel periodo 2010/2016». Da allora le cose non sono cambiate molto, si diceva. Anche se la «riduzione dei tassi di assenteismo», secondo i commercialisti che hanno spulciato per mesi statistiche e dossier riservati dell'azienda, è considerata decisiva per «conseguire l'incremento della produttività».
L'AUMENTO DI ORE A inizio 2018, quando ancora il concordato non era andato in porto e la marcatura di giudici e commissari era stringente, i vertici di Atac hanno strappato un accordo per aumentare la produttività dei dipendenti, riuscendo a far digerire il patto ai sindacati interni, solitamente bellicosi: quell'intesa ha previsto l'aumento dell'orario degli autisti, due ore in più alla settimana: da 37 a 39. L'obiettivo finale era portare i conducenti a guidare per 18.251 chilometri l'anno, in linea con quanto accade nelle altre capitali europee: a Berlino un autista guida di media 17mila chilometri, a Madrid 19mila, a Londra addirittura 22mila. Ma fin da allora era chiaro che non sarebbe bastato, da solo, quell'accordo sulla produttività per raggiungere il traguardo. Come scrivevano gli esperti di revisione, bisogna arrivare «congiuntamente alla riduzione del tasso di assenteismo». Insomma la strada per far marciare i bus di Atac come si deve, è ancora lunga.


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