NAPOLI Sui siti di Camera e Senato non è ancora online. Ma il Parlamento ha ricevuto dal governo la prima Relazione sullo stato di attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La quale contiene una sorpresa nel paragrafo dedicato alla coesione e al riequilibrio territoriale: gli investimenti sull'alta velocità vengono considerati «per loro natura» non territorializzabili, cioè esclusi ai fini del conteggio della quota 40% riservata per legge al Mezzogiorno.
I PROGETTI Il premier Mario Draghi, sin dall'illustrazione del Pnrr, il 25 aprile, aveva precisato che la quota del 40% di investimenti destinati al Sud si applica non a tutto l'insieme di 235 miliardi ma alle «risorse territorializzabili del Piano». I criteri finora non erano stati resi noti, ma nessuno ha pensato che potessero essere escluse le infrastrutture materiali: strade, ferrovie, porti, scuole, ospedali e così via. Ecco invece cosa si legge nella Relazione: «Il ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili ha, per esempio, ritenuto che gli investimenti ferroviari nell'alta velocità/capacità di media-lunga distanza hanno una valenza di carattere generale, poiché promuovono un efficace collegamento tra aree del Paese».
Nel Pnrr gli investimenti nell'Alta velocità in effetti sono più al Nord (8,5 miliardi) che al Sud (4,6 miliardi) con una quota marginale per il Centro e questo è dovuto al fatto che in larga parte sono progetti in via di completamento ed è ovvio che se un Paese per decenni ha (colpevolmente) investito quasi solo al Nord, anche i lavori da ultimare con la tagliola temporale del 2026 saranno concentrati al Nord. Ma un conto è partire da tale dato di fatto e lavorare per riequilibrare, altra cosa è affermare che quegli investimenti storicamente disomogenei «hanno una valenza di carattere generale», perché la diversa dotazione di infrastrutture nei territori italiani è stata e proseguirà a essere a lungo un evidente fattore di squilibrio economico e sociale.
Il Mims dal quale è arrivata l'idea di cassare l'alta velocità dai conti territoriali, è lo stesso che ha il compito di avviare la perequazione infrastrutturale con la ricognizione sulle dotazioni infrastrutturali dei vari territori. Il rapporto è stato consegnato a Palazzo Chigi lo scorso 30 novembre, ma ancora non reso pubblico, mentre i criteri per la ripartizione delle risorse perequative saranno decisi nei primi mesi di quest'anno.
È chiaro che, se si dovesse seguire la filosofia di considerare i treni veloci come utili a tutti anche se saltano intere regioni del Sud, non sarebbe necessario perequare. Il tema non sono le percentuali, ma la completezza e correttezza dell'analisi ai fini della coesione e quindi del monitoraggio della quota del 40%. Un compito che spetta al ministero guidato da Mara Carfagna e che però non può essere esercitato appieno se non si definisce con chiarezza quando un investimento ha natura tale da non poter essere attribuito a uno specifico territorio.