ROMA La missione è quasi impossibile. Tagliare i costi di Alitalia, che perde in media 2 milioni al giorno, in poco più di 4 mesi. Comprimendo le spese in maniera molto più incisiva rispetto al passato, alla gestione dei tre commissari straordinari. Giancarlo Zeni, nuovo direttore generale della compagnia, da 10 giorni alla cloche, è già al lavoro. Per rendere appetibile il vettore tricolore e portarlo, si augura il governo, nelle braccia di Lufthansa o Delta. Peccato che il compito, oggettivamente arduo, non venga facilitato dallo stesso esecutivo che ha posto altri paletti. Il primo, recentissimo, prevede che Alitalia rimborsi entro 6 mesi il prestito di 400 milioni appena concesso (oltre ai 900 milioni già accordati). Senza quei soldi, necessari a pagare gli stipendi e far volare gli aerei, spiegano fonti sindacali, il destino della compagnia appare segnato.
Per questo, prima di incontrare proprio le organizzazioni sindacali, Zevi aspetta che il Milleproroghe corregga in extremis la norma, dando più tempo per restituire i finanziamenti. Non solo. Il manager si aspetta che le risorse per il Fondo Volo, necessarie tra l'altro a finanziare gli ammortizzatori, vengano travate dopo il colpo di spugna assestato sempre dalla maggioranza. Due condizioni indispensabili per procedere. Altrimenti la partita sul risanamento sarà perduta prima ancora di iniziare. Del resto sia il commissario unico Giuseppe Leogrande che lo stesso Zevi sanno che i margini di manovra sono strettissimi. Con la spada di Damocle pronta a scattare oò 31 maggio perché, come ha spiegato il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli, non ci saranno altre proroghe o altri prestiti pubblici. Ma la cessione entro questa scadenza, nonostante le avances tedesche e americane, appare alquanto improbabile.
Zevi ha in mente un piano preciso per comprimere le spese. Da un lato rivedrà tutti i contratti di leasing e studierà a fondo come dare efficienza al settore manutenzione. Soprattutto alla scadenza di maggio offrirà al governo una gamma di scelte per far tornare i conti e presentarsi sul mercato in maniera appetibile. La prima delle quali prevede, secondo stime sindacali, un taglio di 8 aeromobili che comporterebbe una riduzione complessiva di circa mille dipendenti tra servizi di terra e volo. Esuberi che, il governo è d'accordo, potrebbero usufruire di scivoli e prepensionamenti. Riducendo così al minimo l'impatto sociale.
LA NEWCO Per fare questo però sarà necessario creare una newco, mentre dovrà essere il Tribunale a dichiarare la cessazione dell'esercizio d'impresa da parte dell'Alitalia in gestione commissariale. Nella newco, Patuanelli immagina una holding, dovrebbero essere divise in tre le attività aziendali principali. Una dedicata alla parte volo (razionalizzata e con i dipendenti necessari a garantire il pareggio), una alla manutenzione e l'ultima all'handling. Nel caso di squilibri non si esclude che una delle articolazioni societarie possa essere gradualmente dismessa.
I debiti e gli esuberi resteranno invece in capo alla bad company, gestiti cioè dall'Alitalia in liquidazione. Mentre spetterà all'Enac facilitare il passaggio della licenza al nuovo vettore. In uno schema già adottato con successo per BluePanorama, compagnia da dove proviene proprio Zevi, autore del risanamento.
In sostanza il Mise immagina una nuova Alitalia ripulita dai debiti, con gli organici ridimensionati e i costi di funzionamento ridotti all'osso proprio per invogliare nuovi soci ad investire. Del resto sia Lufthansa che Delta hanno posto come condizione per entrare nel capitale una forte discontinuità con il passato. Di certo non hanno fretta di chiudere. Anche le Fs appaiono fredde, mentre Atlantia, considerata fuori gioco dai 5Stelle, ha dato la sua disponibilità a rientrare in partita a patto che i tedeschi siano tra i soci. Un vero puzzle. Così Zevi dovrà pilotare il salvataggio schivando anche i dubbi di Bruxelles sui presunti aiuti di Stato, puntando tutto sulla capacità di convincere i sindacati che la cura a basi di tagli è l'unica possibile per evitare il fallimento. Senza l'ok delle organizzazioni sindacali sia Lufhansa che Delta resteranno alla finestra. E a quelo punto non resterà che la nazionalizzazione.