ROMA Ritardi, sottovalutazioni e tanta indifferenza. Con lo Stato che ha continuato a pagare. Facendo lievitare il conto del salvataggio di Alitalia: circa 1,4 miliardi di prestiti-ponte solo negli ultimi 2 anni, poco più di 350 milioni annui per la Cig di 6.800 dipendenti e circa 400 milioni già stanziati dal governo Conte per affrontare l'emergenza Covid. Di fatto però nessuno si è occupato davvero del salvataggio e del rilancio del vettore tricolore. Il via libera a Ita, la newco che avrebbe dovuto acquistare gli asset aziendali della vecchia compagnia, è arrivato solo a novembre e dopo quasi un anno di sterili discussioni. Peggio è andata per la procedura di vendita della compagnia in amministrazione straordinaria che, nonostante il pressing sindacale, è ancora nel limbo. Eppure, una volta decisa e finanziata la nuova Ita con una dote di ben 3 miliardi di capitale, sarebbe stato logico accelerare i tempi per consentire alla società di strutturarsi e partire. Si scopre invece che il via libera tecnico-politico per la cessione dei «complessi aziendali facenti capo ad Alitalia e ad Alitalia Cityliner» è arrivato solo il 12 febbraio, alle ore 20 e 18, dopo un consiglio dei ministri in cui il premier Conte ha dato solo indicazioni generiche.
IL DIKTAT A muoversi è stata la struttura tecnica del ministero dello Sviluppo Economico, più in dettaglio la direzione generale per la politica industriale guidata da Mario Fiorentino che, preoccupato per l'impasse e l'avvitamento dei conti, ha rotto gli indugi e scritto al commissario straordinario Giuseppe Leogrande. Il tono della missiva è perentorio e riflette una situazione di grande emergenza perché se Alitalia non mette in vendita sul mercato aerei, dipendenti e slot, Ita non può certo partire. Così come non può scattare ed entrare nel vivo la discussione con Bruxelles sulle modalità della cessione. Per questo, per dare una sterzata, Fiorentino scrive a Leogrande di «avviare con ogni consentita urgenza, una nuova procedura di vendita, attraverso la predisposizione di apposito bando di gara per la cessione dei complessi aziendali». Sarà adesso il nuovo ministro Giancarlo Giorgetti, già molto scettico sul salvataggio, a dover gestire il dossier, in considerazione tra l'altro che tra 14 giorni i soldi in cassa saranno esauriti e pagare gli stipendi degli 11 mila dipendenti sarà un vero problema.
Sul tavolo di Giorgetti per rilanciare ancora una volta Alitalia ci sono tre alternative. Da una parte, come detto, accelerare il nuovo bando di gara al massimo; tagliando drasticamente i tempi visto che procedure di questo tipo richiedono almeno sei mesi per ottenere un risultato dopo il nulla di fatto dell'asta dell'anno scorso. La seconda ipotesi, già bocciata da Bruxelles ma su cui si può comunque lavorare, è il conferimento diretto degli asset, o meglio di una parte degli asset, alla newco con una gara in qualche modo ridotta e invocando l'interesse nazionale. La nuova compagnia è infatti pronta e il suo piano industriale è già stato scritto ed esaminato. La terza soluzione è l'acquisizione diretta da parte dello Stato degli asset Alitalia, già in debito nei confronti del Tesoro, con il contemporaneo azzeramento di quanto dovuto alle casse pubbliche. Lo Stato darebbe poi ad Ita, che fa capo al Tesoro, sia gli aerei che i dipendenti per tentare il decollo prima dell'avvio della stagione estiva.