ROMA Alitalia riparte da zero. Anzi da quattro. Tante sono le soluzioni allo studio del governo. La prima, la più gradita ai 5Stelle, prevede il matrimonio con Lufthansa dopo una sostanziosa cura dimagrante a carico dello Stato, con esuberi da collocare in una società ad hoc con nuovi ammortizzatori sociali, e una newco snella in cui inserire la parte volo e una piccola porzione dei dipendenti di terra. Scure invece sui dirigenti. Una nuova Alitalia ripulita di almeno 3-4 mila dipendenti, che sarebbero comunque tutelati attraverso Cig e altre soluzioni provvisorie per accompagnare alla pensione il maggior numero di hostess e piloti. Tutto questo, secondo fonti sindacali, dovrebbe essere gestito da un commissario ad hoc con pieni poteri. Una ipotesi che al Mise stanno vagliando visto che Delta non dà le garanzie richieste sul fronte dei futuri ritorni reddituali. E, soprattutto, che Atlantia è disposta a ritornare sui propri passi solo se il colosso tedesco, che tra l'altro vuole valorizzare Fiumicino facendolo diventare il terzo hub del gruppo, sarà della partita. Difficile capire se questa idea abbia dei margini per potere viaggiare rapidamente visto che ristrutturare la compagnia di bandiera, azzerare i commissari attuali e impostare tutta l'operazione richiede tempo e una serie di via libera politici.
LA RISPOSTADi certo oggi i commissari guidati da Enrico Laghi si aspettano dal Mise una risposta su come procedere. Visto che i termini per la presentazione dell'offerta vincolante sono scaduti e il prestito da 400 milioni è legato indissolubilmente alla creazione del consorzio. Ieri c'è stata una call tra i tre commissari guidati da Enrico Laghi per definire la strategia e mettere in guarda il governo dai rischi che si corrono in questa fase. Senza il consorzio, svanito con il no di Atlantia, c'è il rischio concreto che la Ue accenda un faro sul prestito da 400 milioni, accusando il governo di aiuti di Stato. Non è un mistero che i commissari siano molto irritati per come la situazione si sta evolvendo. E che alla fine, in mancanza di una soluzione giuridicamente sostenibile, decidano di portare i libri in tribunale. O comunque di spingere l'esecutivo a decidere. Se la prima ipotesi è quella di consegnare Alitalia ai tedeschi dopo la ristrutturazione, la seconda opzione prevede la liquidazione tout court. Nel mezzo ci sono altre due strade. Meno traumatiche delle prime due, difficilmente sostenibili per l'impatto sociale che avrebbero dopo le promesse fatte dal governo rosso giallo sul fronte occupazionale. Ovvero una proroga più lunga dei 15-20 giorni previsti. Per riportare al tavolo Atlantia e convincere Delta a fare qualcosa di più sul fronte delle rotte nord americane. L'ipotesi Lufthansa escluderebbe infatti altri partner, affidando tutta Alitalia al colosso tedesco. Ovviamente sul tavolo del Mise ci sono anche altre varie articolazioni della possibile alleanze, tutte richiedono però negoziati non certo rapidi, autorizzazioni governative, il varo di decreti ad hoc. Insomma, una partita complessa, quasi inestricabile che si gioca sulla pelle di oltre 11 mila dipendenti diretti (circa 30 mila con l'indotto). A Palazzo Chigi, soprattutto dopo l'incontro con la Merkel si tifa per la soluzione tedesca. Se non altro perché è l'unica che farebbe tornare in pista Atlantia e darebbe una prospettiva industriale seria. Soprattutto toglierebbe ogni alibi alla holding dei Benetton che non ha mai visto di buon occhio Delta, troppo attenta ai propri interessi e poco disposta a cedere rotte e profitti al consorzio. Ora, come detto, la palla passa al Mise. C'è tempo fino a marzo, poi i soldi in cassa finiranno e lo spettro del fallimento diventerà concreto. Per la verità, e i commissari lo riferiranno all'esecutivo, una soluzione va trovata entro la fine dell'anno. Perché mettere a punto la nuova alleanza richiede molti passaggi burocratici, il consenso del sindacato, l'ok della Ue e, soprattutto, la fattibilità industriale dell'operazione.